Campello sul Clitunno è una specie di miraggio che appare al viaggiatore che percorre la via Flaminia nei pressi di Spoleto.
Quando la segnaletica indica l’arrivo in questo piccolo comune umbro, il paesaggio si fa più ombroso, quasi montano. Su un lato della strada, una cornice di alberi copre delle sorgenti dall’intenso colore verde che scorrono placide e tranquille tra ponticelli, isolette di verde e ristorantini affacciati sull’acqua. Siamo alle Fonti del Clitunno, luogo mitico dove secondo i romani viveva il dio Clitunno.
Un luogo che ha ispirato poeti e persone comuni, da Plinio il Vecchio a Carducci. Se dalle fonti si alzano gli occhi, dal verde delle colline si lascia ammirare il Castello di Campello Alta, una fortificazione che rimanda subito a fantasie medievali, assedi e vita d’altri tempi.
Le Fonti e il Castello sono due ottimi motivi per dedicare una giornata a questo pezzo di Umbria sconosciuto a molti e per questo perfettamente conservato. Ecco i nostri consigli per scoprire cosa vedere a Campello sul Clitunno.
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Le Fonti del Clitunno
Plinio il Giovane, scrittore e naturalista latino scriveva “Hai mai veduto le fonti del Clitunno? Se non ancora, e credo di no, altrimenti me ne avresti parlato, valle a vedere. Io l’ho viste da poco e mi rammarico di averlo fatto troppo tardi“. Fu solo il primo di una lunga serie di poeti che si sono fatti ispirare dalle sorgenti smeraldo. Nel 1910 Giosuè Carducci si recò a Spoleto con l’obiettivo di visitare queste mitiche fonti a cui dedicò “L’ode alle Fonti del Clitunno”.
Ma cosa hanno di così speciale queste fonti? Sono formate da sorgenti sotterranee che attraverso delle polle d’acqua emergono dal fondo del laghetto creando uno specchio d’acqua verdissimo.
A seconda della giornata, della stagione e della zona, i colori cambiano creando un paesaggio straordinariamente suggestivo. A questo contribuiscono le specie vegetali che vivono nel fondo del laghetto, i salici e i pioppi che circondano le rive e i cigni che tranquilli se ne vanno in giro lasciandosi trascinare dalla corrente.
Un luogo davvero incantato, in cui regna il silenzio interrotto solo dal rumore dell’acqua che scorre e dal frusciare degli alberi.
Si può accedere alle fonti da diversi punti posti lungo la Flaminia, tutti in corrispondenza di bar e ristoranti. Il punto più scenografico è quello che coincide con il Bar Ristorante “Le Fonti del Clitunno”. Qui l’ingresso è a pagamento ma ne vale la pena.
Orari di apertura e costo del biglietto per le Fonti del Clitunno
Orario:Â 9-13.30 e 14-16.30
Costo del biglietto: 3 €.
Il tempietto del Clitunno: Patrimonio Mondiale dell'UmanitÃ
Le Fonti del Clitunno sono un luogo mitico già dall’antichità . I romani onoravano Giove Clitunno con delle feste estive dette “Clitunnali” e avevano dedicato al Dio un tempietto.
Nel luogo dove sorgeva questo tempio pagano, i Longobardi edificarono un nuovo tempietto utilizzando i resti delle ville romane che si trovavano sulle colline intorno a Spoleto. Il Tempietto sul Clitunno oggi è una chiesa fu dedicata a San Salvatore ed è uno degli edifici religiosi più belli, singolari e affascinanti di Italia.
Prima di tutto è piccolissima, c’entrano al massimo 3 persone; poi è affacciata sulle sorgenti che scorrono poco più in là ; ultimo, vista da fuori con il pronao e le tre colonne disegnate illude il visitatore che sia un tempio pagano che ha resistito ai secoli. Invece è una chiesa cristiana inserita nella lista dei 7 monumenti longobardi tutelati dall’UNESCO divisi tra Benevento, Cividale del Friuli, Brescia, Spoleto e Monte Sant’Angelo nel Gargano.
All’interno ci sono alcuni affreschi a tema cristiano (Cristo benedicente, San Pietro, San Paolo, Angeli con Croce gemmata) dipinti intorno all’VIII sec. d.C. Anche la piccola edicola al centro del minuscolo abside reimpiega alcune sculture del I sec. d.C.
Orari di apertura e costo del biglietto per il Tempietto del Clitunno
Orario: aperto dal giovedì alla domenica dalle ore 10:00 alle 15:00
Costo del biglietto: 3 €.
Il Castello di Campello Alta
Vale davvero la pena farsi gli 8 chilometri di auto che dalle sorgenti del Clitunno portano verso il Castello di Campello Alta. Il borgo fortificato emerge tra gli uliveti con delle mura che richiamano subito ambientazioni medievali e storie di cavalieri e dame.
Il borgo ha una sola porta, si gira in pochi minuti ed è quasi disabitato. Trasformato quasi interamente in un relais il silenzio è interrotto solo dai passi di qualche turista avventuroso o da uno dei pochi residenti rimasti.
Il castello fu fondato verso la metà del X secolo da Rovero di Champeaux, da cui sarebbe poi discesa la famiglia dei conti di Campello che regnò sul Castello per secoli. Una famiglia sempre contraria alla Chiesa che si meritò la fiducia di Federico I, II ed Enrico IV, cosa che spinse Papa Onorio a definire i Campello “Figli del diavolo”. Il borgo come lo vediamo oggi ha la forma di quel che resta dopo la distruzione voluta nel 1326 dallo spoletino Pietro Pianciani.
Gli edifici più rappresentativi del borgo sono la Porta di ingresso al borgo, la Chiesa di San Donato del 1500, l’edificio pubblico e il campanile di 25 metri. In realtà è una ex torre medievale poi restaurata in epoca barocca. Danneggiata dal terremoto non è visitabile ma ospita un altare ligneo, il fonte battesimale, un organo del 1800 e vari affreschi del XV secolo.
Il Castello di Pissignano o Lizori
Ripresa la Flaminia verso Spoleto, l’attenzione viene richiamata dopo poco da un altro borgo arrampicato lungo le colline: è il Castello di Pissignano, che fa parte del comune di Campello ma è sempre stato un borgo a parte.
Il Castello di Pissignano è un borgo verticale, con un alta torre in alto e un mucchietto di case che scendono verticali come una cascata verso la pianura.
Visto dall’alto ha una forma triangolare e sta lì da più di 1.000 anni. Gli unici monumenti di rilievo sono il Palazzo comunale e la chiesa di San Benedetto, devastata come tutto il borgo dalle truppe francesi nel 1799. Per la posizione isolata e difficilmente raggiungibile, durante il periodo fascista fu sede di un campo di concentramento.
Non stupitevi se qualcuno potrebbe riferirsi a Pissignano usando il nome Lizori: negli anni ’70 fu avviato un imponente progetto di restauro e recupero, sotto la guida dell’architetto Paolo Portoghesi e dell’artista Antonio Meneghetti.
Il borgo recuperato centimetro per centimetro è è stato trasformato in un luogo simbolico per l’arte, la cultura e la riflessione sui temi dell’ecologia e della sostentamento.
Il nome Lizori fu scelto unendo tre parole: “Lì” (avverbio di luogo) “Zo” (etimo del verbo greco vivere) e “Ri” (dal greco antico, orao ossia vedere). Il significato è “LIZORI: Lì dove-la vita-vede, lì dove-la vita-si contempla”.
Oggi Lizori non è solo un borgo restaurato: è un centro di promozione culturale e artistica, che ospita eventi internazionali, conferenze, ritiri spirituali e workshop. Il borgo mantiene il suo fascino antico, con stretti vicoli in pietra, case medievali restaurate e panorami mozzafiato
Dove mangiare a Campello sul Clitunno
Direttamente sulle Fonti del Clitunno ci sono diversi ristoranti con vista sull’acqua. Il ristorante che riscuote più successo per vista e cucina è “Le Fonti del Clitunno” che offre tavoli direttamente con vista sulle fonti. Da qui si accede anche al parco delle fonti con un biglietto di 3 €.
La cucina è tipicamente spoletina con zuppa di farro, soprattutto d’inverno e di lenticchie sono i due antichi piatti contadini. Forse il primo umbro più famosi sono gli strangozzi, pasta fresca spessa e sostanziosa, che nelle versione “alla spoletina“, con sugo piccante a base di aglio e pomodoro, oppure nella classica versione al tartufo o con asparagi selvatici.
Siamo molto lontani dal mare, quindi il pesce che si trova più spesso sulla tavola è il baccalà alla spoletina, cioè in umido.
Tra le torte salate, a Spoleto si mangia la Fojata, arrotolata su se stessa come uno strudel e farcita con verdure e formaggio poi cotta al forno. Un piatto molto particolare è la parmigiana di gobbi, cioè i cardi preparati con salsa di pomodoro e parmigiano.
Ovviamente abbonda la carne di tutti i tipi, l’olio DOP e un’infinita carta dei vini.