La facciata di San Lorenzo Maggiore compare come una visione tra gli stretti vicoli di Spaccanapoli. Dove Via dei Tribunali incrocia la via dei presepi di San Gregorio Armeno, si incontra questa chiesa considerata uno dei principali monumenti di età gotica di tutta l’Italia del Sud.
A San Lorenzo Maggiore furono sepolti numerosi membri della casa reale angioina, tra cui la prima moglie del duca Carlo di Calabria, Caterina d’Austria, il cui splendido sepolcro testimonia, verso il 1323-25, la prima attività napoletana del grande architetto e scultore senese Tino di Camaino.
Sempre qui ricevette l’ordine sacerdotale il principe Ludovico d’Angiò, figlio del re Carlo II lo Zoppo e futuro vescovo di Tolosa, canonizzato nel 1317. La meravigliosa pala d’altare che ritrae Ludovico è stata per molto tempo tesoro di San Lorenzo, ma adesso di trova nel Museo di Capodimonte.
Tanti artisti per un capolavoro
Diversi artisti significativi presero parte alla realizzazione dei capolavori all’interno della chiesa, come Antonio Baboccio da Piperno che eseguì il Sepolcro di Ludovico Aldomorisco, situato ora tra la prima e la seconda cappella destra, Colantonio, grande esponente della pittura del Quattrocento a Napoli, che dipinse il bellissimo Polittico per la famiglia Rocco e Giovanni da Nola, eccellente scultore napoletano del Cinquecento, che effettuò il maestoso altare maggiore.
Le tracce del periodo barocco, seppur eliminate in gran parte dai successivi restauri, sono ancora visibili in due zone particolari: la terza cappella a destra della famiglia Cacace ed il cappellone di Sant’Antonio da Padova nel transetto sinistro, entrambi avvolti dagli abbellimenti in marmi policromi intarsiati di Cosimo Fanzago. Ma non sono da trascurare gli affreschi trecenteschi di Montano d’Arezzo e del Maestro dei Barrile, le pitture cinque-sei-settecentesche di Massimo Stanzione e Francesco De Mura, e anche gli ambienti della sagrestia, del Refettorio e della Sala Capitolare.
La chiesa ha una maestosa torre campanaria, detta anche “torre di Masaniello” perché adoperata come fortino in cui nascondere armi e cannoni durante i moti insurrezionali del 1647. Questa stessa struttura fu coinvolta anche nel 1701 nella “congiura della Macchia”, nel corso della quale fu conquistata dal duca di Popoli e solo allora trovò pace e tranquillità .
Una chiesa gotica o barocca?
Le vicende dello sviluppo e della crescita di questa chiesa sono piuttosto complicate. Su una zona già impegnata in età romana da un mercato coperto, detto macellum, e successivamente abbandonata, fu edificata, nell’età del vescovo Giovanni Giovanni II, una basilica paleocristiana in omaggio al protomartire Lorenzo. In questa stessa area si stanziò la prima comunità francescana, presente a Napoli dal 1234, grazie ai benefici di una donazione del vescovo Giovanni d’Aversa ai Frati Minori.
Quando si stabilì a Napoli la dinastia angioina, i Francescani godettero dello slancio di iniziative edilizie fortemente volute dai nuovi potenti del Regno. Intorno al 1270, con il supporto economico e la volontà di Carlo I, cominciarono i lavori per la nuova chiesa, molto più ampia della precedente basilica del VI secolo e con uno stile architettonico ispirato al gotico francese.
Tutta la parte absidale di San Lorenzo, con il meraviglioso deambulatorio a cappelle radiali e l’alto presbiterio, fu realizzata con questo stile per le pressioni della corte angioina che effettuava le sue richieste non solo rispetto allo stile ma soprattutto per motivi di affermazione politica.
Il passaggio dalla zona absidale a quella della navata con uno stile gotico decisamente italianizzato, è il simbolo di un cambiamento non solo dei progettisti ma proprio dei rapporti che esistevano tra i Francescani e la corte, probabilmente più liberi. Il complesso divenne anche sede di diverse magistrature cittadine e delle riunioni degli Eletti dei Seggi della Città e dei Parlamenti Generali del Regno.
Nei secoli che seguirono, la chiesa subì diverse ristrutturazioni e variazioni, anche a causa di terribili terremoti che si verificarono a Napoli. Nel particolare clima della controriforma, nella metà del Cinquecento, i cambiamenti divennero sempre più decisi, fino ad eliminare del tutto l’aspetto gotico, coperto ormai da pesanti sovrastrutture barocche.
Dopo periodi di enormi difficoltà nell’Ottocento e nei primi del Novecento, dovuti al pericolo di crolli ed a un’inesorabile decadenza, finalmente la chiesa di San Lorenzo ha attualmente recuperato il suo straordinario aspetto originario, grazie a degli articolati e lunghi lavori di restauro.
Personaggi che distrattamente si incontrano
Molti personaggi hanno intrecciato, seppur inconsapevolmente, le loro vite all’interno della chiesa di San Lorenzo Maggiore. In questa chiesa Giovanni Boccaccio conobbe la sua musa ispiratrice Fiammetta, la fascinosa Maria d’Aquino, figlia del re Roberto d’Angiò, durante la messa del Sabato Santo del 1336.
Francesco Petrarca soggiornò per diversi giorni nel convento e la notte del 4 novembre 1343, spaventato a morte da un eremita che aveva predetto una terribile tempesta, uscì dalla sua cella per unire le sue preghiere a quelle dei monaci.
La chiesa, inoltre, fu sede di Accademie letterarie frequentate da molti studiosi, fra i quali Giovan Battista Marino e Giovan Battista Vico. Infine trovarono sepoltura qui il letterato Giovan Battista Manso, lo scrittore e scienziato Giovan Battista della Porta e il musicista Francesco Durante.
Scavi di San Lorenzo Maggiore
Il complesso archeologico di San Lorenzo Maggiore si sviluppa su una zona piuttosto estesa che corrisponde a parte dell’area commerciale della città antica.
Al di sotto del complesso di San Lorenzo si può visitare ciò che resta dell’agorà greca e del foro romano. Si possono ammirare antiche strutture del IV secolo a. C. di epoca greca con fondazioni di blocchi di tufo, su cui si colloca un complesso che risale alla seconda metà del I secolo d. C., quindi di età imperiale, che è stato identificato con il macellum, l’antico mercato degli alimenti parzialmente coperto.
La struttura di questo impianto doveva essere formata da un grande porticato quadrangolare con botteghe sui quattro lati ed era organizzato interamente a terrazzamenti a causa della pendenza del terreno. Tra le zone più interessanti dell’area archeologica sotterranea evidenziamo il tratto di strada, di circa 60 metri, su cui si trovavano altre botteghe commerciali.
Uno di questi edifici era molto probabilmente l’antico Erario, dove si preservava il tesoro della città . Tutta la zona comunque fu soggetta con il passare del tempo a un continuo impoverimento culminato con un abbandono piuttosto definitivo alla fine del V secolo, determinato da un’alluvione che cancellò il complesso.