Nel bel centro di Copenaghen, sull’isola Amager, nel quartiere di Christianshaven viveva l’ultima comunità hippie d’Europa, un sogno cominciato agli inizi degli anni ’70 e che, dopo 40 anni, si è tristemente infranto (ma non è ancora detto!) per decisione della Corte Suprema del Paese, la quale ha riconosciuto le ragioni del governo di centrodestra che da tempo portava avanti  la politica della “normalizzazione” della cittadella autogestita.
O, per dirla come pensano i christianiti, dello “sgombero“, che consentirebbe poi ai costruttori danesi di abbattere gli attuali edifici colorati da eclettici graffiti per edificare abitazioni di lusso che gli abitanti della free town non possono di certo permettersi. Così, il 27 aprile 2011 i due ingressi alla città libera di Christiania sono stati chiusi così come tutti i negozi e le attività .
Un epilogo in parte annunciato da precedenti provvedimenti delle autorità danesi: nel gennaio 2006, alla comunità viene tolto lo statuto speciale di comunità alternativa mentre nel maggio 2007 le autorità della capitale irrompono nella cittadella e fanno abbattere, provocatoriamente, uno dei primi edifici dell’area in quanto poco sicuro.
La fine di Christiania è un duro colpo per i 900 abitanti (hippies, anarchici, autonomi, artisti) che hanno vissuto, per oltre 30 anni, in una sorta di “esperimento sociale” unico nel suo genere, in una realtà eco-anarchica faticosamente realizzata. Una comunità lontana dal mondo, retta da poche regole: rifiuto dello Stato e della violenza, inesistenza della proprietà privata, guerra alle droghe pesanti; l’ultima città dell’utopia che non intende affatto arrendersi e rinunciare senza combattere – pacificamente naturalmente – al suo paradiso.
I civili conquistano la città proibita dei militari: nasce Christiania
Tutto ebbe inizio nel 1971, quando un gruppo di figli dei fiori occupò un’area composta da 35 ettari di verde costituita da edifici militari abbandonati, decidendo successivamente di dar vita ad una nuova società autogovernata operante in forza della “democrazia del consenso“, basata sul principio della proprietà collettiva ed economicamente indipendente, con una propria moneta. Un luogo ideale per vivere e far crescere i propri figli in uno spirito di pace, amore, libertà e nel rispetto dell’ambiente.
Christiania fu dunque proclamata “città libera” e dopo alcuni tentativi del governo di rimuovere gli occupanti, finalmente la comunità ottenne il riconoscimento di comunità autogestita. Una piccola città nella città con le proprie botteghe artigianali, l’ufficio postale, l’asilo, il cinema, il teatro, la tipografia, una radio libera, una fabbrica di biciclette (la famosa Pedersen), i ristoranti, i bar, i club dove ascoltare concerti di ogni tipo, il forno ecologico, la squadra di calcio, la bandiera locale, persino l’inno nazionale.
Christiania era famosa per aver messo al bando le automobili (unici mezzi di circolazione consentiti: piedi e bici) e le fotografie (assolutamente vietato scattare foto), per l’assenza di forze dell’ordine (la loro presenza nel tempo era però aumentata), per la libera circolazione delle droghe leggere. In “Pusher Street”, la via degli spacciatori, fino al 2004 era addirittura possibile comprare, alla luce del sole, hashish ed erba presso appositi chioschetti. Dopo quella data il loro spaccio tornò nella clandestinità .
Adagiata su una sorta di scoglio con lo sguardo pieno di nostalgia rivolto verso il mare, sua dimora naturale, la piccola sirena è immortalata nel momento della sua metamorfosi, mentre la lunga coda di sirena lascia il posto a due gambe umane. Malgrado le piccole dimensioni (la statua è alta appena 1,25 metri), che spesso lasciano delusi i turisti, la Sirenetta è uno dei più poetici simboli di Copenaghen, espressione dell’anima gentile della città , tanto cara ai suoi abitanti.
Il "fenomeno Christiania"
Il particolare stile di vita dei suoi abitanti, il distacco (per quanto possibile) dal mondo esterno, i racconti su Christiania, hanno contribuito a conferire alla comunità dei figli dei fiori un fascino particolare, ad avvolgere la piccola repubblica freak in un alone di leggenda (anche grazie ai soggiorni e alle esibizioni di alcuni miti della musica) tanto da diventare, in breve tempo, una delle principali attrazioni turistiche della capitale.
Meta di giovani alternativi in cerca di qualche trasgressione, di turisti incuriositi da una realtà sociale lontana dagli schemi classici, di quanti credono ancora nell’ideologia di un pacifismo anarchico, Christiania rappresenta l’ultimo baluardo di una cultura hippie libera da pregiudizi e preconcetti, il simbolo di come un’altra strada sia possibile. Il sogno di un mondo libero, non omologato, a cui interessi economici, speculazione edilizia, regole di mercato vogliono mettere fine.